Salvore viene spesso nominata negli scritti dei notai Piranesi e negli statuti dei secoli XIII-XVIII. Viene chiamata Saluori, Saluoris, Puncto Saluori o Santi Johanis de Saluore habeat portum Saluori e simili. Nelle piante degli anni 1589 e 1649 appare come Porto di Saluori ruinado, il che significa che già allora il porto non era più in uso, eccetto probabilmente per le necessità della popolazione locale. Con l’uso del termine ruinado si cercava di indicare ai navigatori il pericolo che avrebbero corso se fossero stati costretti ad attraccare nel porto. Ciò confermerebbe che all’inizio dell’età moderna il porto di Salvore smise di essere un importante punto di scalo – come lo era stato durante l’antichità e a un certo punto del Medioevo – nelle rotte commerciali verso Trieste e Venezia. Il promontorio di Salvore, nonostante tutto, rimase un importante punto di orientamento per la navigazione nel Golfo di Trieste ed è per questo che è riportato nelle numerose mappe i nei portolani del XVI, XVII e XVIII secolo (ad esempio Ponta d. Salori – 1550; Punta di Salvori – 1649; Punta di Salvore – 1784: Salvore – 1797). Anche la chiesa di San Giovanni viene riportata come punto di orientamento nelle mappe del XVI e XVII secolo con il nome di San Zuan di Saluori. (1)

Il boccale trilobato, rinvenuto durante gli scavi archeologici del 1996 nel porto di Salvore, risale alla prima metà del XVI secolo. (2) Il boccale rappresenta l’apice della produzione artigianale e artistica delle officine faentine ed è caratterizzato da una ricca decorazione, dalla moltitudine di colori e dallo smalto lucido. Il simbolismo amoroso rinascimentale è rappresentato nel boccale attraverso la rappresentazione di un cane (simbolo dell’amore e della fedeltà) e dell’occhio di pavone (simbolo dell’onniscienza di Dio). Non è sicuro se questo boccale rinascimentale sia giunto a Salvore come regalo di nozze per decorare il tavolo degli sposi, ma è certo che il suo ritrovamento testimonia la presenza di una famiglia a Salvore vecchia o nelle vicinanze, abbastanza ricca da permettersi un servizio da tavola faentino, che all’epoca era riconosciuto come il più costoso e pregiato del genere. (3)
Durante il XVI e, più tardi, nel XVII secolo, la chiesa di San Giovanni viene adornata con olii su tela delle officine veneziane di Zorzi Ventura (Crocifissione e Pietà) e di Niccolò Renieri (Santa Lucia). (4) Dalle dimensioni e dalle forme delle tele del Zorzi Ventura del XVI secolo si può desumere che originariamente le tele erano poste sulle navate laterali e che facevano parte di un più ampio ciclo cristologico. Pertanto, queste tele non erano state concepite come pale d’altare. La chiesa conservò la struttura a tre navate fino al secondo restauro del 1826, quando vennero demolite le pareti laterali meridionali e settentrionali. Alcuni decenni più tardi, ovvero nel 1869, la chiesa assunse un aspetto da sala classicistica, con il campanile costruito al posto della navata meridionale. Poco più tardi anche le tele vennero restaurate collocate sui nuovi altari.
Lo stile di vita e le abitazioni tipici nell’intero territorio salvorino dal XVII secolo, e specialmente durante il XVIII e il XIX, erano quelli delle stanzie. Queste erano costituite da grandi appezzamenti terrieri di proprietà delle famiglie aristocratiche piranesi, oppure erano stanzie coloniali minori, abitate dai coloni che lavoravano la terra per conto del proprio signore, proprietario del terreno. Le stanzie comprendevano l’edificio residenziale, accompagnato da strutture adibite ad attività agricole ed economiche (il granaio, la cantina, il forno per il pane, le soffitte, la cisterna…), disposte intorno al cortile (corte), al quale si accedeva attraverso il portone. Nel complesso della stanzia, specialmente in quella colonica, si trovava la pozza d’acqua per abbeverare gli animali.
Le stanzie residenziali e coloniche sono diventate col tempo il centro della vita dell’epoca e, intorno ad esse, si sono formati gli odierni paesi minori che compongono il territorio salvorino (Borosia, Valfontane, Volparia, Franceschia, Medeghia, Monte Rosso, Valizza…).
I grandi proprietari terrieri a Salvore erano, nella maggior parte dei casi, le famiglie nobili piranesi ed il nucleo dei loro possedimenti era rappresentato da edifici residenziali o da palazzi. Tra questi, sul territorio salvorino, troviamo oggi Stanzia Grande o villa della famiglia Cesare, il palazzo della famiglia Gabrielli a Volparia, le stanzie di Franceschia, Valizza, Colombania e Capitania, con il loro volume di base eretto già alla fine del XVIII o all’inizio del XIX secolo.

I proprietari delle stanzie a Valizza, Colombania e Capitania erano i conti piranesi Furegoni, il cui stemma è murato nella stanzia a Colombania. La stanzia a Valizza, prima di diventare di loro proprietà, apparteneva durante il XIX secolo ai conti piranesi Venier. Precedentemente – nel 1746 – il vescovo di Traù e Nona Gerolamo Fonda (1686-1754) fece innalzare in questo possedimento una piccola cappella, che dotò di una scultura policroma in legno raffigurante San Gerolamo.(5)
I motivi che avevano indotto un vescovo così potente e popolare come Girolamo Fonda a innalzare una cappella a Salvore risiedevano nel fatto che, un tempo, il possedimento, come pure la stanzia nella non lontana Franceschia (che nel corso del XVIII secolo venne denominata proprio Fondano), era di proprietà della prestigiosa famiglia piranese dei Fonda.(6) Il ritratto del vescovo Fonda, dipinto alla fine del XVIII secolo, è una delle più importanti testimonianze della sua presenza in queste zone.
Proprio dal possedimento di Franceschia si può arguire la fertilità della terra di Salvore che, nel corso dei secoli, ha mantenuto la propria funzione agricola e pastorizia. Mentre nel I secolo questa fertilità era sfruttata dai ricchi cittadini romani, ovvero i Ragonii, nel XV secolo allo stesso modo viene utilizzata dalla famiglia aristocratica piranese degli Apollonio per passare, nel XVII e XVIII secolo, sotto la proprietà della famiglia Fonda. Nel 1833 tale proprietà passò nelle mani dei conti di Capodistria, i De Totto, che fondano una fabbrica di sughero. Dalla famiglia De Totto, la terra fu successivamente ceduta ad Antonio Parmeggiano il quale, intuendo l’importanza della stele romana dei Ragonii, la trasferì nell’edificio che un tempo ospitava il Comune di Umago. (7)
Una delle stanzie più note di Salvore è sicuramente la Stanzia Grande o villa della famiglia Cesare. Situata sulle pendici nell’entroterra di Salvore vecchia, questa stanzia, che alla fine del XVIII secolo era di modeste dimensioni ed era circondata da pochi edifici adibiti ad attività agricole, fiorì nel 1877, quando Carlo Cesare la acquistò dalla famiglia del Marchese Fabris (che aveva costruito la grande casa residenziale alla metà del XIX secolo). (8) Carlo Cesare apportò dei cambiamenti architettonici specifici all’edificio, aggiungendo al corpo originale elementi neogotici (loggia a due piani). L’edificio centrale, con la torre al centro che si erge sopra di esso su tre piani, domina totalmente lo spazio circostante. Lo spazio antistante con il giardino, come anche la fila di alberi lungo la strada fino alla chiesa di San Giovanni e il mare, rappresenta un esempio di armonia tra architettura e paesaggio.

Tra le stanzie coloniche si distingue la stanzia a Corona, che conserva parzialmente il suo aspetto originale, specialmente grazie al forno esagonale annesso all’edificio residenziale. Nella maggior parte delle altre stanzie gli elementi originali (archi, portoni, forni) si sono persi durante i restauri degli ultimi 50 anni che hanno sminuito il tradizionale aspetto delle stanzie, determinandone la perdita di fascino e di originalità.
Quale segnale per i navigatori notturni o CURSIBUS NAVIGANTI-UM NOCTURNIS DIRIGENDIS (come riportato sulla targa lapidea dinanzi all’entrata) è stato costruito il faro di Salvore. Questo faro, a suo tempo il più moderno nel Mediterraneo e oggi il più antico, è ancora in uso. Venne costruito nel 1818 per ordine dell’imperatore austriaco Francesco I, che ordinò di costruire fari su tutti i punti pericolosi della costa istriana. Fu costruito su progetto dell’architetto Pietro Nobile e finanziato dalla Deputazione di borsa di Trieste. La sua posizione sul promontorio Laco a Bassania ha reso possibile una navigazione sicura nella nebbia e durante la notte in questa zona dell’Adriatico, caratterizzata da una costa frastagliata e da grandi sbalzi di marea, che a volte superano anche i 2 metri. (9)
Il faro è alto 36 m., la sua illuminazione arriva fino alle 18 miglia nautiche ed è costruito con blocchi in pietra squadrati di origine locale.

La fine del XIX e l’inizio del XX secolo nella zona di Salvore sono stati segnati dalla comparsa dei complessi balneari e dei palazzi da villeggiatura costruiti per scopi turistici. Da allora la zona diventò uno dei più importanti luoghi turistici. Il questo periodo vengono costruite le cosiddette ville austroungariche, caratterizzate da imponenza e uniformità, a volte alleggerite con decorazioni in stucco. Tutto ciò è ben visibile nella villa Ziani e nella villa Lotta della famiglia Cesare, ma anche in altre ville che vennero costruite a Volparia e a Bassania.
Nella linea da Trieste a Parenzo, includendo il territorio di Salvore, dal 1902 al 1935 era in funzione la ferrovia a scartamento ridotto conosciuta con il nome di Parenzana. Con la sua costruzione si cercò di promuovere lo sviluppo economico attraverso l’esportazione di alcuni prodotti provenienti da questi territori verso altre zone della monarchia asburgica, cercando nel contempo di stabilire un sistema di comunicazione per lo sviluppo degli insediamenti lungo i binari.(10) L’esistenza di questa ferrovia a Salvore è testimoniata oggi dalla stazione di Zupillia e dagli sterrati sui quali erano posati i binari.
Il gioiello del patrimonio etnografico del territorio di Salvore è la battana. L’esempio di un’eccezionale e funzionale legame tra l’uomo e la pesca tradizionale praticata individualmente. Con le proprie caratteristiche si distingue dalle altre battane istriane. È priva di albero e la si gestiva solamente remando (l’usuale lunghezza dei remi è di 3,5 m.). È di costruzione lignea, lunga all’incirca 5 m., larga 1,4 m. e alta dai 44 ai 75 cm. Aveva un fondo piatto che rendeva possibile la navigazione indisturbata con la bassa marea lungo la costa piena di scogli e una finestra in vetro attraverso la quale si poteva scorgere il pesce.(11) Grazie al suo peso di soli 200 kg, era possibile riporla, ovvero alzarla per mezzo di un ingegnoso sistema di funi e pulegge (grue) che, insieme alla battana, sono diventati il simbolo di Salvore. In passato ogni famiglia a Salvore aveva la propria battana e i costruttori salvorini (calafati) che le costruivano ricevevano richieste da tutta l’Istria.

Oggi, sfortunatamente, tutte le grue salvorine, ma anche quelle umaghesi, sono vuote o, al posto delle battane d’un tempo, che meriterebbero la rivitalizzazione, si trovano inadeguati surrogati in plastica. (Simić Sime 2008, 69-78.)
NOTE
1. Brusić 1995, 3-7.
2. Orlić 1996, foto documentazione.
3. Bolšec Ferri – Milošević, 2012, 96-97.
4. Bralić – Kudiš Burić, 2006, 491-494.
5. Zajec 2007, 109-119.
6. Kandler 1846, 118.
7. Benedetti 1973, 26.
8. Puhmajer 2011; Bolšec Ferri – Milošević 2012, 101.
9. Fanuko 2012, 237-238.
10. Roselli 2002, 9-19.
11. Simić Sime 2008, 69-78.