Il periodo medievale nel territorio di Salvore è stato segnato da due battaglie significative.

La prima è quella dell’872 e la sua descrizione ci è nota grazie al cronista veneziano Giovanni Diacono (fine X – inizio XI secolo) e alla sua opera Chronicom Venetum, valida fonte per l’apprendimento delle relazioni croato-veneziane tra l’805 e il 1008 (GOLDSTEIN 1992:172). Infatti, quando nell’830 l’intera Europa mediterranea venne minacciata dal pericolo arabo, i croati Narentani siglarono la pace con il doge veneziano Giovanni I Partecipazio, mettendo fine ai conflitti sul mare e permettendo la navigazione indisturbata dei navigli veneziani in acque narentane dietro pagamento del dazio. L’accordo però non fu rispettato e le lotte continuarono.


Uno di questi conflitti si verificò, come scrisse Giovanni Diacono, nel maggio dell’872, quando, dopo la sconfitta dei pirati cretesi, il doge Orso Partecipazio mandò una nave con quaranta uomini verso l’Istria per spiare e lanciare l’allarme se gli Arabi fossero stati avvistati. Contemporaneamente, le navi croate solcarono le acque istriane cercando gli Arabi. Lasciata Grado, la nave veneziana partì alla volta di Salvore, dove erano ancorate le navi croate che si rifugiavano e pernottavano nell’antico porto romano. Notando l’avvicinarsi della galea veneziana, i croati tesero un’imboscata all’entrata del porto e, secondo gli scritti di Giovanni Diacono, massacrarono tutti i veneziani, confiscando la galea: qui cum Gradensi de civitate Istriam pertituri exissent, predones Sclavi, qui in portu Silvoclis reclusi latitabant…. (BRUSIĆ 2010: 252-253). È molto probabile che si trattasse degli stessi Narentani del principe Domagoj, che nell’876 avrebbero incendiato e saccheggiato Sipar, Umago, Cittanova e Rovigno.

FOTO 1. Anfora altomedievale (Museo Civico di Umago, Umago)

Testimonianze di questo conflitto potrebbero essere i rinvenimenti delle anfore altomedievali e delle “bombette” in ceramica di forma sferica trovate durante le ricerche archeologiche del 1995 (BRUSIĆ 1995:12-13) all’entrata del porto dell’antica Silvo o Silvoclis, come veniva chiamata durante l’alto Medioevo, e potrebbero essere attribuite a uno dei partecipanti allo scontro dell’872, che si svolse proprio in questo posto. Tenendo conto che si tratta di un tipo di anfora che non è stata trovata da nessun’altra parte sulla costa adriatica occidentale e che si ritiene essere stata prodotta in qualche officina locale dell’Adriatico orientale, probabilmente nel territorio della Dalmazia bizantina o dell’allora stato altomedievale croato, si può desumere che queste anfore siano state usate sulle navi croate che presero parte al conflitto. Una seconda ipotesi contempla il loro uso nelle imbarcazioni con le quali, tra l’855 e l’879, il principe croato Trpimir, suo figlio Petar o il principe Branimir con la moglie Maruša, percorrendo la rotta marittima già allora convenzionale, si dirigevano verso i più importanti santuari cristiani di Cividale del Friuli. Ed il porto di Salvore poteva sicuramente essere utilizzato come ultimo scalo prima di Grado (BRUSIĆ 2012: 252-253). Del loro pellegrinaggio, come anche di quelli di molti altri croati, testimonia l’annotazione dei loro nomi ai margini dei fogli del famoso evangelistario di Cividale (MANDIĆ 1963: 342-343).

FOTO 2. “Le bombette a mano” sferiche di ceramica (Museo Civico di Umago, Umago)

Che queste “bombette” sferiche in ceramica, trovate nelle vicinanze delle anfore altomedievali, potessero essere una sorta di bomba a mano dell’epoca, è confermato da simili reperti di forma sferica – anche se di spessa massa in vetro o ferro – che durante il XVII secolo venivano usati per lo stesso scopo (KISIĆ 1979: 89-09; RADIĆ ROSSI 2012: 54). Entrambe si riempivano con un liquido infiammabile e venivano usate per gli attacchi contro le imbarcazioni nemiche con il principio del “fuoco greco” e, a favore di questa tesi, potrebbe testimoniare il contenuto delle bombe di Salvore, costituito da una densa massa biancastra.

Il secondo conflitto è la famosa battaglia di Salvore, svoltasi il 16 settembre 1177 tra la flotta dell’imperatore Federico Barbarossa e la flotta veneziana di papa Alessandro III (DE FRANCESCHI 1879: 112). Il Barbarossa, che formò una flotta genovese-pisana, composta da 75 galee e guidata dal figlio Ottone, si scontrò con la flotta veneziana composta da 30 galee, guidata dal doge Sebastiano Ziani e da Niccolò Contarini, aiutati dalla popolazione locale. Mentre la flotta pisano-genovese aspettava il nemico al largo di Pirano, le galee veneziane apparvero improvvisamente davanti al promontorio salvorino. Dopo sei ore di combattimento, il vento girò in favore dei veneziani, determinando la sconfitta di 48 imbarcazioni pisano-genovesi e la ritirata del resto della flotta. Lo stesso Ottone fu imprigionato e, secondo la tradizione, si salvò nascondendosi nella cisterna della chiesa di San Giovanni. Da qui, sempre secondo la tradizione, deriva il toponimo Salvore (Salvo-re).

FOTO 3. LaLa battaglia di Salvore, Domenico Tintoretto, Palazzo Ducale, Venezia

Dopo la fine della battaglia, papa Alessandro III, al quale la flotta veneziana dedicò la vittoria, benedì la comunità ecclesiastica salvorina concedendo doni e assoluzioni ed è allora che la chiesa di San Giovanni fu menzionata per la prima volta. Nel passato, come scrive il cardinale di Cittanova Tommasini, sulla facciata della chiesa si trovava l’iscrizione in onore della famosa battaglia (TOMMASINI: 1837: 359). Questa iscrizione, ora smarrita, poteva essere stata posta sulla facciata della chiesa nel 1207, quando papa Innocenzo III riconfermò la benedizione di Alessandro III. Le benedizioni furono confermate in seguito da papa Eugenio IV nel 1437 e da Pio II nel 1459.

La chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista è situata su un colle elevato nella parte settentrionale della baia di Salvore e originariamente era un edificio romanico a tre navate datato nell’XI secolo. Più tardi, nel 1437 e nel 1826, la chiesa venne restaurata più volte. Il motivo del primo restauro può essere attribuito alla conferma della benedizione del papa Eugenio IV in quello stesso anno, ma la causa può essere anche il rapido incremento demografico, poiché quella di Salvore fu la prima zona che Venezia iniziò a ripopolare. Così, già nel 1463, la popolazione proveniente dalla Dalmazia iniziò a stabilirsi a Salvore e la gestione della chiesa fu affidata ai francescani del terzo ordine regolare, anch’essi arrivati dalla Dalmazia assieme ai nuovi abitanti.

FOTO 4. Chiesa di San Giovanni Evangelista, Salvore, arco

Nel corso del primo restauro la chiesa acquisì, in base alle tendenze del tempo, un aspetto gotico, che probabilmente ne determinò anche un innalzamento. Fuori dalla chiesa attuale, dalla parte settentrionale, è visibile la parete perimetrale settentrionale di allora, che insieme all’arco in muratura rinvenuto sul perimetro meridionale durante i lavori di restauro del 1984, rimane oggi l’unico indizio in situ della sua originale forma a tre navate dell’XI secolo (BOLŠEC FERRI – MILOŠEVIĆ 2012: 97). Se questa chiesa fosse proprio quella che ha disegnato Domenico Tintoretto nella scena della battaglia di Salvore alla fine del XVI secolo, affrescando il Palazzo Ducale a Venezia, si potrebbe dedurre che, oltre ad avere tre navate, fosse adornata anche da un’illuminazione basilicale.

L’architettura ecclesiastica romanica ha lasciato sul territorio salvorino altri due edifici significativi. Il primo di questi è la chiesa di San Lorenzo, collocata nell’insediamento di Valfontane. Questo edificio rettangolare venne costruito durante il XII secolo. Presenta un’abside a semicerchio, una facciata a campanile e si differenzia in Istria per la particolare decorazione sulla sua facciata principale, formata dalle arcate cieche pendenti. Come è chiaro dal toponimo stesso, in queste località c’erano sorgenti d’acqua, presupposto per qualsiasi forma di vita. In questo senso non devono sorprendere gli sporadici resti antichi e altomedievali individuati nella zona circostante e anche sotto la chiesa stessa (BEKIĆ 2008: 243-245).

FOTO 5. Chiesa di San Lorenzo, Valfontane. L’architettura ecclesiastica romanica ha lasciato ancora due edifici significanti. Il primo di questi è la chiesa di San Lorenzo collocata nell’insediamento di Valfontane. Questo edificio rettangolare con l’abside a semicerchio con la facciata a campanile, non è tipi-co per il teritorio istriano data la particolare decorazione sulla sua facciata principale, formata dalle arcate cieche pendenti, costruite durante il XII secolo. Come è chiaro dal toponimo stesso, in queste località c’erano sorgenti d’acqua, ossia il presupposto per qualsiasi forma di vita. In questo senso non devono sorprendere i resti sporadici antichi e altomedievali nella zona circostante, ma anche sotto la chiesa stessa. (Bekić 2008 243-245).

L’abbazia benedettina, cioè l’abbazia a Monte Rosso con la chiesa di San Pietro, è stata costruita con i resti dell’insediamento preistorico d’altura. Questa posizione è caratteristica per la formazione di castellieri preistorici ed è totalmente atipica per l’insediamento di un monastero insieme alla chiesa. Il monastero con la chiesa venne menzionato per la prima volta nel 1102, quando diventò di proprietà del Patriarcato di Aquileia (monasterio sancti Petri et sancti Michaelis). La chiesa è di forma semplice, rettangolare, con un’abside semicircolare distinta nella muratura, dalla quale si intravedono diverse fasi architettoniche. L’interno era affrescato, mentre il ritrovamento di frammenti di mobilio marmoreo decorati con un motivo raffigurante delle trecce ci aiuta a collocare il complesso nei secoli IX-X. (MARUŠIĆ 1980-1981: 67, 70). Questo promotore di cultura e di progresso oggigiorno è totalmente irriconoscibile. Il degrado del monastero e della chiesa cominciò con la sua sconsacrazione alla fine del XIX secolo, dopodiché l’edificio venne usato in maniera inadeguata e alla fine adibito a stalla.

FOTO 6. Monastero benedittino e chiesa si San Pietro, Monte Rosso. L’abbazia benedettina, cioè l’abbazia a Monte Rosso con la chiesa di San Pietro è costruita con i resti dell’insediamento preistorico d’altura. Questa posizione è caratteristica per la formazione di castellieri preistorici ed è totalmente atipica per lo stanziamento d’un monastero insieme alla chiesa. Il monastero con la chiesa venne menzionato per la prima volta nel 1102 quando diventò la proprietà del Patriarcato di Aquileia (monasterio sancti Petri et sancti Michaelis). La chiesa è di forma semplice rettangolare con un’abside semicircolare distinta nel muratura della quale si intravedono diverse fasi architettoniche. L’interno era affrescato mentre il ritrovo di decorazione sui frammenti marmorei della mobilia, ci fa sapere che riportavano i motivi a trecce, che a sua volta ci aiuta con la datazione del complesso nei secoli IX-X. (Marušić 1980-1981, 67, 70.) Questo promotore di cultura e progresso oggi-giorno è totalmente irriconoscibile. L’andare in rovina del monastero e della chiesa comminciò con la sua sconsacrazione alla fine del XIX secolo dopodiché fu facilitato dall’uso non adeguato dello spazio come tale, affinché non fu usato come una stalla.

Le conferme dell’esistenza precedente di edifici profani bassomedievali nella zona di Salvore si trovano perlopiù negli stemmi tardogotici che si sono conservati, alcuni dei quali si trovano ancora in situ. Lo stemma tardogotico della famiglia Donato di Pirano, a forma di testa di cavallo rappresentata frontalmente con due motivi floreali entro una tavola con l’orlo a dentelli, posto nella residenza del canonico, accanto alla chiesa di San Giovanni nella vecchia Salvore, colloca la costruzione del palazzo della famiglia Donato nel 1475, il che è inciso nello stemma stesso. Nella posizione originaria, ovvero sulla ghirlanda del pozzo della cisterna, si trova lo stemma di un membro della famiglia Donato, cioè di Gerolamo Donato, il che si legge dall’iscrizione HIER(ONI) MI DO(N)ATO HOMO//POTESTATIS PYRRANNI//1476 (CIGUI 1995: 20). Si tratta del podestà veneziano di Pirano che nel 1475 fece costruire il suo palazzo proprio a Salvore vecchia, accanto alla chiesa di San Giovanni, aggiungendovi l’anno seguente (1476) anche la cisterna con il pozzo nello stesso asse del palazzo (BOLŠEC FERRI – MILOŠEVIĆ 2012: 98-99). Gerolamo Donato costruisce il proprio palazzo tardo-antico nella parte storica di Salvore, accanto alla chiesa di San Giovanni, che in quel periodo aveva tre navate. Lo spazio libero che viene a crearsi più tardi tra questi due edifici è il risultato della demolizione della navata meridionale della chiesa, al posto della quale nel XIX secolo viene costruito il campanile.

Foto 7 Lo stemma dei Donato. Le conferme dell’esistenza precedente di edifici profani ba-sso medievali nelle zone di Salvore, troviamo per la maggioranza nei stemmi tardogotici conservatisi, alcuni dei quali si trovano ancora in situ. Lo stemma tardogotico della famiglia Donato di Pirano dalla forma di testa di cavallo rappresentata frontalmente con due motivi floreali entro una tavola con orlo a dentelli, posto nella residenza del canonico, accanto alla chiesa di San Giovanni nella vecchia Salvore, data la costruzione di questo palazzo della famiglia Donato nel 1475, il che è inciso nello stemma stesso. Nella posizione originaria sulla ghirlanda del pozzo della cisterna si trova lo stemma di un appartenente della famiglia Donato, cioè di Gerolamo Donato il che si legge dall’iscrizione HIER(ONI) MI DO(N)ATO HOMO//POTESTATIS PYRRANNI//1476.10 Si tratta del podestà veneziano a Pirano del 1475 che ha deciso di costruire il suo palazzo proprio nella Salvore vecchia, accanto alla chiesa di San Giovanni, e l’anno seguente (1476), anche la cisterna con il pozzo nello stesso asse del palazzo.11 Gerolamo Donato costruisce il proprio palazzo accanto alla chiesa nella Salvore antica perché in quelli anni la chiesa di San Giovanni era tuttora a tre navate e lo spazio libero che viene a crearsi più tardi tra questi due edifici è il risultato della demolizione della navata meridionale della chiesa al posto di quale viene costruito il campanile nel XIX secolo.

Particolarmente significativo è lo stemma tardogotico inciso sulla parte posteriore del monumento sepolcrale romano (stele) della famiglia dei Ragonii, trovato nell’insediamento di Franceschia. Questo uso secondario della stele romana del I secolo alla fine del XV secolo ne testimonia l’importanza per colui che vi ha inciso il proprio stemma. Si tratta dello stemma a nastri sostenuto da un angelo dalle ali aperte entro una cornice a dentelli con le iniziali incise AN e AP, che si ascrive a un appartenente della famiglia Apollonio di Pirano, Andrea o Antonio, che ovviamente in quel periodo, alla fine del Medioevo, aveva qui il suo podere e, probabilmente, un palazzo.

Il rinvenimento degli stemmi tardogotici delle famiglie piranesi che erano proprietarie dei poderi sul territorio di Salvore non ci deve sorprendere, soprattutto se consideriamo che l’intera zona salvorina, dall’arrivo dei veneziani nel XII secolo, è appartenuta al comune medievale di Pirano nella cui cornice si sviluppò territorialmente più tardi, fino al XX secolo.

FOTO 7. Grb Donato
FOTO 8. Lo stemma degli Apolloni Trovato nell’insediamento di Franceschia è particolarmente significativo lo stemma tardogotico inciso dalla parte posteriore del monumento sepolcrale romano (stele) della famiglia dei Ra-gonii. Quest’uso secondario della stele romana del I secolo alla fine del XV secolo ci parla dello stesso significato della stele a colui che ha inciso il proprio stemma. Si tratta dello stemma a nastri sostenuto da un angelo dalle ali aperte entro una cornice a dentelli con le iniziali incise AN e AP, che si ascrive a un apparte-nente della famiglia Apollonio di Pirano, Andrea o Antonio che ovviamente in quel periodo alla fine del Medio evo teneva il suo podere insieme al palazzo.12 Il rinvenimento degli stemmi tardogotici dalle famiglie pira-nesi che erano proprietarie dei poderi sul territorio di Salvore non ci deve sorprendere, specialmente se sappiamo che l’intera zona salvorese dall’arrivo dei veneziani nel XII secolo è apparte-nuta al comune medievale di Pirano nella cui cornice, più tardi fino al XX secolo, si sviluppò territorialmente.

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